Prima di insegnare la tecnica occorre studiare la persona che si è affidata all’esperienza del maestro di sci.
Mi sono accorto ben presto di riuscire a interpretare anche da una frase, da una postura, dai primi movimenti, la condizione psicologica della persona, arrivando a sciogliere il nodo della paura che, tutti, con l’eccezione dei bambini, provano al primo approccio con gli sci o, comunque dopo anni di inattività. E spesso questo rapporto diventa amicizia.
Non c’è dubbio, la paura di cadere per terra è il primo muro che si frappone tra l’allievo e la bellezza della neve, del panorama, dall’avventura sugli sci. Né si deve fare l’errore più frequente, quello di ignorare questa condizione psicologica con comandi freddi e distaccati.
Tra i miei segreti, acquisiti in anni di attività, ce ne sono alcuni che posso rivelare: parlare, far parlare, raccontare, fare domande, interessarsi alla persona che si è affidata a me. Da questo colloquio comincia un rapporto di confidenza e anche chi soffre di vertigini, chi ha problemi alle articolazioni, chi comunque si trova per la prima volta di fronte alla pista smisurata e ostile, si distrae allentando l’ansia.
Così ho avuto l’opportunità di insegnare – e di far apprendere rapidamente – il rimedio universale: per non cadere occorre imparare a fermarsi!
E in effetti il contatto con chi pratica sport come la vela o il
nuoto e chi mette gli sci ai piedi, educa al rispetto
della natura e
delle persone, e soprattutto aiuta a percepire la psicologia e il
carattere di chi condivide con noi l’avventura sportiva.
Fare lezioni di sci a chi non ne sa proprio niente, a chi ha appena cominciato a camminare oppure - ancor più difficile – a chi come adulto porta in montagna remore e paure, richiede da subito tanta pazienza ma soprattutto un’amichevole condivisione delle ansie e dello stress.
E senza mai approfittare della posizione di esperto, perché quello che aiuta a rilassare il corpo e la mente è proprio un rapporto amichevole, in questo favorito dalla mia conoscenza dell’Inglese e del Francese, oltre che dell’italiano.
All’inizio, quando si è giovani, freschi di diploma, si pensa di sapere tutto.
Quale errore più grave!
Si conosce a memoria didattica e pedagogia, il testo Italiano dello sci non ha segreti, si studia anche la fisica, le forze che influiscono il gesto motorio dello sciatore.
Bene e quindi?
La realtà delle cose è ben diversa, quello che insegno oggi durante
le lezioni di sci è diverso da ciò che facevo
quando ero un po’ più
giovane, complice l’esperienza e qualche capello grigio in più in testa.
Come dici? Quale è la differenza?
La differenza sta tutta in come si imposta una lezione di sci.
Steven e il Real Estate
Il giorno precedente la lezione di sci comunico al cliente, via telefono o via mail, il colore della mia divisa in modo tale che sia riconoscibile nel luogo dell’appuntamento; un dettaglio, il colore della giacca, oppure il colore del berretto, e indico che sarò ad aspettarlo sotto un grande schermo a LED davanti l’uscita di una cabinovia, per esempio, difficile da mancare; tutto rende più facile il trovarsi.
La mattina mi presento per incontrare il cliente e iniziare una lezione di sci.
Nel lavoro di tutti i giorni, cosi come nello sci, sono sempre di una puntualità da mal di stomaco. Per intenderci, se l’appuntamento è previsto alle 9AM arrivo almeno con 15 minuti di anticipo. Forse non ce né bisogno, ma preferisco essere io ad aspettare piuttosto del contrario. C’è sempre il pericolo di arrivare in ritardo, una seggiovia en panne, la coda ad un impianto, la chiusura di un collegamento che ti obbliga a compiere un tragitto più lungo o solo la volontà di bere un buon caffè la mattina prima di iniziare.
In Francia il caffè non è dei migliori, non me ne vorranno i miei cari amici di Morzine, ma ci sono un paio di posti dove è molto buono, ve ne parlerò più avanti.
Arrivo alle 8:45 all’incontro, ho preso un buon caffè, aspetto di incontrare Steven.
Oggi lo incontro per la prima volta, Inglese di 51 anni, per 3 ore consecutive, dallo scambio di mail deduco il suo terrore per lo sci.
Sono le 9 e di Steven non c’è traccia, aspetto ancora qualche istante e poi lo chiamo al telefono.
Capita che dovendo affittare tutta l’attrezzatura, sci, scarponi e casco, non si tenga in considerazione il tempo necessario. La scelta della taglia dello scarpone è importantissima. Se la taglia non è giusta sono dolori e per tutta la giornata e non si vede l’ora di levarlo, altro che goduria!
Steven sta arrivando è a metà della cabinovia, gli ricordo della mia posizione.
Mi si avvicina una persona, giacca blu, pantaloni grigi, è Steven!
Con un gran sorriso gli porgo la mano e mi presento.
Dopo pochi istanti mi azzittisco, gli lascio la parola, ho voglia di sentire la sua voce e capire un po’ più di lui.
La sua voce conferma ciò che vedo dalla postura del suo corpo. Steven ha una paura matta, non capisce perché è li, è paonazzo, fatica a muoversi con gli scarponi slacciati, tiene con entrambe le mani gli sci e le racchette, giacca completamente aperta con -7°C, pantaloni non calati sugli scarponi, accenno di fascia rossa sulla testa e occhi sbarrati.
Direi bene.
Anni fa avrei cominciato la lezione di sci facendogli mettere gli
sci, sono un maestro, oggi la cosa cambia e di tanto.
C’è un muro fra
me e Steven, si guarda intorno per cercare conforto, non lo trova, è
conscio che dovrà provare a sciare, è sempre più preoccupato.
A questo punto intervengo, con gesti calmi e sorrisi prendo sci e racchette e li appoggio per terra, faccio notare la temperatura esterna e consiglio, sempre con modi pacati, di allacciarsi la giacca per evitare il freddo, mettere un berretto caldo in testa. Lo aiuto a chiudere gli scarponi inginocchiandomi verso di lui.
Le mie attenzioni lo sorprendono, comincia a muoversi con più scioltezza, a parlarmi del suo passato con un maestro di sci e accenna un sorriso quando mi confida che l’ultima lezione di sci presa in una scuola è stata un totale fiasco.
Resto in attesa e lo ascolto.
I primi minuti in una conversazione ti fanno capire come orientare il tuo insegnamento. Il corpo di Steven aveva già “parlato” abbastanza e prima delle sue parole, la sua postura e il suo modo di muoversi, le parole hanno solo confermato. Steven non scia da 10 anni circa, è un semi-principiante, è a Morzine perché all’interno di un gruppetto di amici, in un viaggio incentive, ama il mare e si occupa di Real Estate.
Incominciamo a parlare di tutto, di famiglia, delle sue passioni, e
non ultimo di immobiliare. Le sue parole mi
interessano, in
particolare del Real Estate, attività che svolgo nel Principato di
Monaco e in Italia.
Pariamo di tutto tranne che di ....sci!
Steven comincia a sentirsi a suo agio nella conversazione, intervengo per chiedere qualche delucidazione sull’immobiliare, nota il mio Inglese e mi fa un complimento alla pronuncia, gli racconto delle mie attività, ritorniamo a parlare della sua famiglia e quanto la Brexit penalizza l’Inghilterra. Ci siamo, la lezione di sci è partita da molto.
Con due paia di sci in spalla e due paia di racchette ci dirigiamo, a scaletta, verso il campetto principianti del Viking a Morzine. Si tratta di una salita di circa 30 metri: con neve morbida appena scesa è gradevole, con neve dura e ghiacciata no. Quel giorno le condizioni sono perfette, freddo, sole alto in cielo, poca gente e vista chilometrica su tutto il comprensorio di Morzine.
Steven compie la salita in scioltezza, senza cedimenti, un buon ritmo; è uno sportivo. Per 20 anni ha giocato a Rugby e si vede: avevo notato all’inizio che era ben piazzato, il rugby conferma il tutto.
Siamo sul campetto, Steven accenna aneddoti divertenti del suo recente viaggio di lavoro, si diverte, perfetto.
Sono le 9:15 e sembra che ci conosciamo da una vita, sarà perché parlo la sua stessa lingua, sarà perché ho tolto l’attenzione dallo sci, sarà perché parliamo di Real Estate. Capita sempre cosi con tante altre persone, rompere quel muro, sbriciolare al più presto la barriera psicologica, avvicinarsi uno all’altro: è l’inizio di una buona giornata per una lezione di sci.
Riprendo la conversazione e spiego brevemente il materiale nelle mie mani: come si mettono gli sci e come ci si muove. Steven capisce e con disinvoltura infila gli sci e ci dirigiamo verso il tappeto di Morzine.
Morzine, stazione sciistica all’avanguardia, mette a disposizione un impianto di risalita, un tappeto mobile, per agevolare l’ascesa.
Ci si avvicina all’impianto di ultima generazione, si aspetta il
proprio turno, si compiono piccoli passi fino in
prossimità, quando
il tappeto avrà il peso del vostro corpo vi porterà con se.
Il tappeto è presidiato, sia in partenza che in arrivo, da personale tecnico in grado di agevolare l’ingresso all’impianto con semplicità e arrestare il sistema quando necessario per prestare aiuto a persone in difficoltà.
Una volta in cima il suo volto si incupisce, torna un po’ di paura e apprensione, è normale.
Mi metto davanti a lui, mi tolgo gli occhiali, cerco il suo contatto
con gli occhi, e da buon Italiano comincio a
parlare e a gesticolare
con le mani!
Steven riesce a stare in piedi sugli sci, cosi come riescono il 95% delle persone principianti.
La prima cosa che insegno in una lezione di sci è: come fermarsi.
Insegno nel modo più semplice e intuitivo il modo di rallentare e fermarsi.
Sono davanti a lui, ma scio all’incontrario, i miei occhi incontrano
i suoi, in modo tale che possa sorreggere le
sue mani e parlargli
LIVE.
Incominciamo a scendere il pendio, è un po’ impacciato e timoroso, nonostante il suo passato da grande sportivo ad alti livelli. A circa metà pista mi fermo, lo faccio sostare in posizione di spazzaneve, continua a guardare per terra nonostante gli abbia chiesto di guardare me (o fondo valle durante la discesa).
Certo è che avere due sci attaccati ai piedi per la prima volta o
dopo tanto tempo fa una paura pazzesca, chi dice il
contrario sia
dannato!
Gli chiedo di effettuare dei respiri profondi. È di Manchester e un’aria cosi fresca e pulita li non c’è; gli dico di guardarsi intorno, di apprezzare quale posto meraviglioso sia Morzine per imparare a sciare.
Si riparte, comincio a parlare di argomenti extra sciistici, e all’occorrenza gli confido due dritte su come migliorare il suo gesto motorio.
Passiamo da argomenti d’attualità a una mia rapida parola su cosa deve fare per fermarsi. Si tratta di un esercizio, al mio tre Steven allarga la posizione di spazzaneve, capisce questo movimento e gli permette di perdere velocità in qualsiasi momento lui lo desideri; gli torna il sorriso.
Siamo a fondo pista, Steven è un mix di entusiasmo e paura, comincia a farmi mille domande sullo sci; siamo a buon punto.
Facciamo due o tre discese ancora, con la stessa tipologia di apprendimento, argomenti generici e risposte repentine sulla tecnica, ove necessario.
Alla quarta pista, Steven inizia a parlare di qualcosa, non ricordo
quale fosse l’argomento, stacco le mie mani
da lui, prima di pochi
centimetri, poi di 10, di mezzo metro, poi le abbasso e continua farlo
parlare.
Steven ora è autonomo.
Se ne rende conto, lo “gaso” il giusto, fa tutta la discesa e bene.
A fine pista lo lascio parlare e qualche parolaccia grossa in Inglese la ricordo bene, ripetute più volte, è euforico e ha voglia di riprovarci, non vuole fermarsi, vuole risalire con me a provare e mi dice: però, mi dice, di non staccare le mani da lui a metà pista!
Gli faccio presente che la pista l’ha fatta lui e con le sue gambe non io. Io non ho fatto nulla se non dargli del supporto tecnico; incassa l’argomento.
Arrivati di nuovo in cima, tolgo gli occhiali, cenno di intesa, scendo senza sorreggergli le mani e le braccia. La tecnica insegnata fa si che il suo movimento sia più armonico, meno contratto, aumenta la velocità come conseguenza.
Ci spostiamo su altre piste, questa comincia ad essere troppo corta, piste verdi più lunghe fino alla fine della prima lezione di sci.
Steven vuole sciare ancora, lo incoraggio a fermarsi e prendere una sosta e pranzare, accetta il consiglio.
Riassumo ciò che abbiamo fatto e imparato nella mattinata e gli
esercizi che dovrà fare nel pomeriggio, la pratica.
Ancora prima di
finire di parlare Steven incalza chiedendo la mia disponibilità per
tutta la settimana.
E non solo, vuole introdurmi a sua moglie per farla sciare, e così è
stato. Dopo una settimana eravamo amici.
Tutt’oggi ci sentiamo,
Steven e Kate sono buoni amici.
A Morzine, durante la settimana di carnevale di qualche anno fa, incontro per la prima volta Rebecca.
Ricordo quel giorno, il sole faceva capolino fra le nuvole, condizione di neve perfetta e alberi scintillanti mossi da un leggero vento mattutino.
Ci incontriamo al meeting point prestabilito, Rebecca è allegra e raggiante, non sembra essere turbata dalla lezione di sci imminente. Le chiedo di lei, di cosa si occupa e quale sia il suo livello sciistico, risponde in Inglese.
Controllo il materiale tecnico affittato, la giusta taratura del peso sugli attacchi, la presenza di una buona lamina, l’altezza delle racchette e in ultimo gli scarponi che, una volta chiusi, non devono permettere al tallone di alzarsi o di muoversi.
Ci siamo.
Ricevo le ultime informazioni, calibrato la lezione in funzione delle sue qualità tecniche e delle aspettative e iniziamo a sciare insieme. Incominciamo a prendere seggiovie su seggiovie in giro per Morzine e Becks sembra assente, non risponde ai suggerimenti e correzioni. Appena colloca la maschera sul volto e comincia a sciare si spegne, non migliora, molto frustrante.
Situazione ingarbugliata, non mi do per vinto, devo capirci di più, avrei voluto scuoterla.
Nel tragitto in seggiovia incomincio un percorso psicologico fatto di racconti sul mondo del Marittimo a qualche consiglio semplice per migliorare la sciata. Faccio pause, lascio il tempo di rispondere, non gradisco il silenzio provoca distacco e dubbi.
Becks da lì a poco mi lascia a bocca aperta. Si leva la maschera dagli occhi, nonostante in seggiovia il sole sia molto forte, mi guarda negli occhi e usa un perfetto italiano per incominciare una nuova conversazione.
Faccio finta di niente, per niente sorpreso, e le chiedo da dove provenisse la padronanza della lingua di Dante. Mi risponde che la sua professione l’ha spinta a lavorare in Italia. Ormai sono tanti anni che non frequenta più i Milanesi, ma la qualità del suo italiano è rimasta immutata, le faccio i miei complimenti.
Becks è incalzante, continua a tenere parola e da li a poco mi lascerà ancora senza parole.
Mi confida che le sue precedenti esperienze a sciare sono state un fiasco. Diversi maestri di sci si sono avvicendati nel corso degli anni e nessuno è mai riuscito a rendere la sciata piacevole a appassionate, tutt’altro.
Bene, sono fritto.
Che fare?
Ho circa 3 minuti per prendere una decisione, la fine della seggiovia è vicina, non ho alternative, devo fare qualcosa, marcare una frattura fra le esperienze passate e il presente.
Da li in avanti, decido di sciare a spazzaneve all’indietro per assisterla maggiormente.
Lo spazzaneve è il primo esercizio di approccio allo sci e consente di controllare la velocità prendendo piacere a scivolare sulla neve in totale sicurezza. La posizione si ottiene divaricando le code degli sci, mantenendo le punte vicine fra loro. In questo modo si ottiene un triangolo che punta verso valle con i due sci che grattano la neve con le lamine rallentando a piacere la velocità.
Tutto chiaro.
Nel momento in cui decido che per farla progredire devo avere la sua totale attenzione, non lasciarle nemmeno il tempo di avere paura, decido di sciare con uno spazzaneve negativo; appunto all’incontrario: le code degli sci sono vicine fra di loro e le punte sono allargate in modo tale da controllare ogni suo minimo movimento.
Con voce morbida e incalzante, invito Rebecca ad assumere determinate posizioni con il corpo e gli sci e il risultato sulle piste verdi di Morzine è incoraggiante.
A fine della lezione di sci scopro che rivedrò Becks per tutte le mattine della settimana.
A metà settimana Rebecca è disinvolta e entusiasta, gli sci incominciano ad avvicinarsi in una sciata a sci paralleli sulle piste blu. Non le lascio il tempo di pensare di avere una paura matta di scendere a valle perché sono sempre davanti a lei fissandola negli occhi a qualche metro di distanza e suggerirle ciò che fare nel mio spazzaneve... all’indietro!
Le vacanze sono un successo.
Ci incontriamo per nuove lezioni di sci a Alpes d’Huez un mese dopo e, l’anno successivo, a Courchevel.
Ancora oggi sorrido delle mie sciate in spazzaneve all’incontrario sulle piste rosse per aiutarla nella progressione. Si, proprio cosi, la qualità della sciata di Rebecca è tale che abbiamo affrontato piste più difficili nel corso delle sessioni a tal punto da spingerci fino alle rosse, piste assai difficili.
Difficili per me, anche, visto che non ho mai smesso di sciare in spazzaneve all’incontrario!
Villa
Joan
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